Carmen Boccu

Artista

Attualità 2.0

Boccù 2015

COME UN MAGNIFICAT

Considerate un’opera….Un’opera, vale a dire un insieme di lavori  di un artista in cui riconoscete una coerenza, una problematica, un’unità formale  così come un’esplorazione delle sue possibili varianti.

Siete davanti al lavoro di Carmen Boccù; il vostro sguardo passa da un pezzo all’altro, torna sul primo, si concentra su un altro, vi si attarda, si focalizza su un dettaglio: questo colore, questo segno, questa forma, questa transizione tra un colore e l’altro, questo debordare, questi reticoli, il modo in cui il colore è contenuto nella forma, o, al contrario, in cui sembra espandersi sul supporto come fermato solo dal limite delle sue forze.

Voi vi stupite della varietà dei colori, delle loro sfumature, dei loro apparentamenti, talvolta inattesi. Lasciate scivolare in voi questa invasione colorata che fa destare immagini e ricordi, smuovere in fondo a voi antichi testi, visioni di spazi, tra mare, lagune, paludi, montagne, cieli  di nuvole, campagne coltivate, città crepuscolari, boschetti, grano e messi, pascoli e alte praterie.

Sentite la differenza tra zone fluide -reliquie di un’antica umidità che ha lasciato  traccia di un flusso ricordato senza sosta- e altre, più asciutte, che mantengono in loro il gesto che le ha prodotte. Anche  questa varietà di materie scava in voi il suo cammino e diversifica il canto dei colori.

Le vostre dita si posano sulla carta, apprezzandone il tessuto, la afferrate per avvicinare il lavoro, e vi stupite che, da un pezzo all’altro, possa essere diversa. Vedete allora che essa aggiunge la sua propria sfumatura alle forme, ai colori, alle fluidità e alle tracce…

…Voi guardate…Non vi abbandonate alla fascinazione, né vi assorbite nella contemplazione. Ricevete abbondanti sollecitazioni, impressioni a frotte. Esse risvegliano in voi abiti di porpora al sole, boschetti di agrifoglio verde, erica in fiore, gigli dei campi, gladioli fulvi, del tessuto finissimo perso nell’oro delle stoppe, o quelle digitali che si aprono su tappeti di filigrana d’argento d’occhi e capelli. Richiamano giardini colorati, quadri, chiostri, eden o delizie. Vengono ad aggiungere altri fiori, altri giardini, altri paesaggi e aprire in voi territori sconosciuti. Questo si chiama la giubilazione. E voi sapete che ciò che sentite guardando, l’artista ha dovuto sentirlo dipingendo. La giubilazione dell’arte che meraviglia tra le meraviglie del mondo.

Andate a vedere altri lavori di Carmen Boccù. Opere e stampe, o riproduzioni nei cataloghi o sul sito dell’artista₁. Anche quando vi fa difetto la realtà materiale dell’opera ( e allora vi perdete l’intimità dell’approccio, il rapporto puro coi materiali e i formati, mantenendo sotto gli occhi solo un’immagine, un simulacro del lavoro), voi vi rendete ben conto che lungo gli anni, le serie, i generi e le tecniche, un unico sistema di tensioni è all’opera, qualunque sia peraltro la tecnica adottata: pittura, incisione o ceramica, inchiostri, olio, pastelli, matite….E percepite identico il progetto dell’artista di superare –o placare-  le tensioni, tra colori che annunciano il mondo, tra affermazione dei contorni e diluizione delle forme, apparizione e sparizione di immagini, tra rappresentazione e invenzione formale, conosciuto e sconosciuto, sapere e scoperta, urgenza –attualità- di dipingere e ricerca di una specie di origine come sempre a venire.

E voi sentite ancora questa giubilazione…Magnificat

Raphaël Monticelli